Confagricoltura Puglia, Lazzàro: “Grano, siccità ha fatto meno danni del previsto. Buona la qualità”

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La produzione stimata dal MIPAAF per il 2020 di grano duro nazionale, produzione che avviene per la maggior parte in Puglia, è di circa 4 milioni di tonnellate (e non circa 5 milioni come in precedenza indicato per mero errore materiale), mentre per il grano tenero la stima si attesta intorno a 2,8 milioni di tonnellate (e non circa 3,5 milioni come precedentemente indicato per mero errore materiale)”, il presidente di Confagricoltura Puglia Luca Lazzàro stila un primo bilancio della raccolta del grano sulla base dei dati del MIPAAF e dei dati elaborati dal Centro studi dell’organizzazione. “Le piogge – prosegue – dei mesi scorsi hanno dunque fatto rivedere al rialzo le stime di produzione di grano, tuttavia si registrano perdite a macchia di leopardo in alcune zone tra il 20 e il 30 per cento”.

Il mercato del frumento duro nella campagna di commercializzazione 2019/2020 rimarca un andamento positivo con valori dei prezzi in aumento che, nelle ultime settimane, si sono attestati tra i 312,50 euro/tonnellata sulla piazza di Foggia e 276,50 su quella di Bologna.

“Positivo l’aumento dei consumi di prodotti alimentari derivati dal grano – spiega Lazzàro – dopo un periodo in cui le farine di grano sono state quasi demonizzate. Quello che ci preoccupa invece è il forte balzo delle importazioni, a volte ingiustificabile vista la buona qualità e la discreta quantità delle produzioni pugliesi”.  Confrontando i valori delle importazioni di frumento duro del previsionale della campagna attuale con quelli del bilancio della scorsa campagna si evidenzia un aumento dei valori che si attestano a 1.785.215 tonnellate.

“Questi primi dati – conclude il presidente di Confagricoltura Puglia – elaborati dal nostro Centro Studi su informazioni provenienti da una campagna che si è appena conclusa, confermano una tendenza: produrre grano duro può significare in aree quali il Leccese, il Tarantino il Brindisino, l’arco ionico meridionale un’alternativa al dissesto e all’abbandono dei terreni colpiti dalla Xylella. Una riconversione, che garantirebbe una discreta redditività alle aziende”.

 

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