Fase 2, Api-Confagricoltura: acquacoltura ferma, mancano ordini dei ristoranti per produzioni pregiate
“Non c’è ancora ripartenza per gli allevamenti ittici. La ripresa si avrà solo con la piena operatività del canale Ho.Re.Ca. Intanto invitiamo i consumatori a scegliere pesce di produzione nazionale”. Lo ha detto Pier Antonio Salvador, presidente dell’Api, l’associazione che riunisce i piscicoltori di Confagricoltura.
“L’emergenza Covid-19 ha messo in ginocchio i 650 allevamenti italiani di pesce d’acqua dolce, spesso di piccole dimensioni. – ha spiegato Salvador – La fine del lockdown, purtroppo, non ha automaticamente fatto ripartire i consumi del comparto. Chiuse le pescherie, fermi i ristoranti e il turismo, interrotta la pesca sportiva, quasi annullato l’export: le perdite per gli allevatori ittici sono state notevoli: oltre 15 milioni di euro in due mesi”.
Nel periodo di quarantena ha tenuto, in parte, solo la maricoltura e in particolare la produzione di spigole e orate, molto gradite dal consumatore italiano.
Piena crisi per il pesce d’acqua dolce: trota, anguilla, persico, pesci gatto e ciprinidi. Per il caviale, di cui l’Italia è il primo produttore europeo e il terzo mondiale, si ipotizza la riduzione di un terzo della produzione. Le specie ittiche d’acqua dolce – ricorda l’Associazione Piscicoltori Italiani di Confagricoltura – sono circa due terzi di tutta la piscicoltura e l’export delle trote, fiore all’occhiello dell’acquacoltura italiana, prima dell’emergenza, raggiungeva il 30%.
“Ci siamo subito attivati perché Stato e Regioni avviassero specifiche azioni a supporto del settore. Gli allevamenti ittici non hanno potuto interrompere la propria attività e hanno continuato ad alimentare e mantenere il pesce in un adeguato stato di benessere e salute, con costi gestionali e insufficienti ritorni economici. Per il pesce “Made in Italy” – ha concluso Salvador – deve essere avviata una campagna promozionale capillare presso la GDO il canale Ho.Re.Ca. Chiediamo la massima tracciabilità e trasparenza a garanzia dell’origine alla ristorazione che, in piena attività, assorbe più del 25% del nostro prodotto”.
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