Comunicato stampa. Importazione olio tunisino. Confagricoltura Puglia: “Si dia un marchio all’olio extraeuropeo, per aiutare i consumatori a distinguere”

Il prossimo 25 febbraio, il Parlamento europeo si pronuncerà in sessione plenaria sulla proposta di aumento del contingente di olio d’oliva a dazio zero verso l’Ue. La proposta ha suscitato la forte opposizione degli olivicoltori italiani. E in particolare Confagricoltura Puglia ha già dichiarato la propria avversione a un provvedimento che mette seriamente a rischio la stabilità del mercato olivicolo interno.

 

 

 

Nella querelle è intervenuto l’ex ministro all’Agricoltura e componente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro. “Per ciò che riguarda la Puglia, non si tiene conto né dei gravi danni subiti dagli olivicoltori pugliesi a causa del batterio xylella, né del trend dei prezzi che li penalizza fortemente, né del problema della sottocapitalizzazione delle imprese olivicole e delle oggettive difficoltà di penetrazione dei mercati italiani”, spiega De Castro.

Ma per Confagricoltura Puglia, è arrivato il momento di fare un passo in avanti. “Il solo strumento atto a conciliare il sostegno che l’Unione Europea intende garantire alla Tunisia per uscire dalla crisi economica in atto – dice il presidente regionale dell’associazione Donato Rossi – con la necessità di mantenere l’equilibrio del mercato olivicolo interno, è creare una forma di etichettatura specifica per l’olio proveniente dal Paese Nordafricano”.

“Appoggiamo in pieno la posizione assunta da Paolo De Castro – prosegue Rossi – e a questo punto chiediamo uno sforzo in più. Nella consapevolezza che si debba dare atto alla Tunisia di aver fatto dei passi in avanti nella produzione di olio, è ora che tutto questo si trasformi in un brand, un marchio riconoscibile da parte dei consumatori europei, in modo da evitare confusione e sovvrapposizioni fra l’indiscussa qualità dell’olio italiano e pugliese in particolare e tutto il resto del prodotto olivicolo proveniente da Paesi che non hanno gli stessi vincoli di controllo e certificazione imposti dall’Unione Europea ai produttori interni il cui lavoro va protetto e valorizzato”.

 

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