PAGAMENTI CARTELLE BONIFICA. CONFAGRICOLTURA LECCE AVVIA UN’AZIONE LEGALE CUMULATIVA CONTRO I FERMI AMMINISTRATIVI DEI MEZZI

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«Sono illegittimi i preavvisi di fermo amministrativo, notificati per il mancato pagamento delle cartelle dei consorzi di bonifica». È quanto denuncia Confagricoltura Lecce.

Come sostenuto, nei giorni scorsi, dall’avvocato tributarista, Maurizio Vilani, «in ossequio al principio di proporzionalità», i preavvisi di iscrizione di fermo amministrativo di beni mobili emessi dalla concessionaria Soget di Pescara (società di riscossione per conto dei consorzi) possono essere contestati per illegittimità per vizi propri e possono essere impugnati, entro 60 giorni dalla notifica, alla commissione tributaria provinciale.
Va ricordato che le commissioni tributarie hanno dichiarato nullo il fermo amministrativo sui veicoli se il debito esattoriale è esiguo nonché sproporzionato rispetto al valore del bene sottoposto a misura cautelare, in virtù dello Statuto dei contribuenti. Per giunta, «il fermo amministrativo su trattori e mezzi agricoli inciderebbe su valori di natura costituzionale, quali la libertà di movimento e l’attività lavorativa». Per gli agricoltori sono strumenti di lavoro.
Ecco un esempio: «fermare un trattore del valore di 20mila euro per il recupero di cento euro dà la dimensione di tale sproporzione», secondo Confagricoltura. L’agricoltore si vede costretto a pagare perché un ricorso alla Commissione tributaria gli costerebbe di più. Inoltre, il mezzo, come il trattore o il camion gli verrebbe sequestrato per mesi e fino a sentenza. «Si preferisce perciò pagare, anche se si ritiene ingiusto farlo, con buona pace della effettività del diritto di difesa garantito per tutti, ed indipendentemente se l’agricoltore abbia ragione o torto nel merito. Pertanto, occorre che la Regione Puglia intervenga e cessi questa usurpazione di diritti costituzionali dei cittadini».
Va sottolineato che nel Salento ed in particolare in provincia di Lecce, dove non ci sono acque superficiali da irregimentate, «i consorzi hanno esaurita, ormai da decenni, la loro funzione di bonifica. Sono tenuti a gestire i distretti irrigui e a riscuoterne i canoni, attraverso l’imposizione del tributo 648, mentre il tributo 630 non deve gravare sui terreni, ma sulla fiscalità generale della Regione», secondo Confagricoltura Lecce.
Secondo l’associazione, «il legislatore, nelle zone come quelle della Provincia di Lecce, deve modificare il dettato costituzionale e trasferire le competenze dei consorzi ad altri enti, come ad esempio le Province o, nel nostro caso, all’Acquedotto pugliese».
Gli attuali piani di classifica per il riparto delle spese dei consorzi «Ugento-Li Foggi» ed Arneo sono stati redatti nel 2012, dall’Agriconsulting, ma sulla base di cartografie ormai già superate all’epoca. Si prevede come unico beneficio, per poter «giustificare» la tassazione dei terreni, la presenza della rete scolante, cioè dei canali di scolo. Nella maggior parte dei casi, però, questi canali hanno perso la loro efficienza idraulica, per mancata manutenzione periodica o per interventi edificatori che li hanno interrotti prima dello sfocio in mare o per i bacini endoreici nelle voragini interne. Anche quei pochi canali che conserverebbero la loro efficienza idraulica non convogliano più, se non in minima parte, le acque piovane dei terreni, per la presenza di parapetti lungo le reti stradali.
Per comprendere meglio cosa siano i consorzi di bonifica, è bene conoscere le ragioni per le quali sono nati. La politica idraulica è stata fondamentale per lo Stato unitario perché implicava la lotta contro la malaria e la trasformazione in senso capitalistico dell’agricoltura, iniziata con le leggi sulla liquidazione degli usi civici.
Sulla bonifica integrale fu varata una prima legge nel 1928, ma di scarsa efficacia. Nel 1933, Serpieri, con l’allora ministro Giacomo Acerbo, varò il Testo unico sulla bonifica integrale e definì l’intervento statale nelle opere di bonifica. Successivamente, l’articolo 3 della legge 12 febbraio 1942 numero 183 prevedeva che i consorzi di miglioramento fondiario avessero facoltà di imporre contributi per l’esecuzione delle opere e per i lavori di manutenzione delle stesse. I crediti per contributi sono privilegiati sugli immobili che traggono beneficio dalle opere ed il privilegio è graduato dopo quello relativo ai crediti dello Stato per i tributi diretti.
Secondo Confagricoltura, «i consorzi, al contrario di quanto asserito da alcuni decisori pubblici poco informati, sono enti pubblici. Il Regio decreto numero 215 del 13 febbraio 1933 e successive modifiche ed integrazioni, nel Titolo II, capo II della spesa delle opere e della sua ripartizione, all’articolo 10 stabilisce che «nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del comprensorio che traggono beneficio dalla bonifica».
In sostanza, per Confagricoltura, «la norma non autorizza il consorzio ad imporre contributi agli immobili siti nel suo comprensorio, ma solo sui terreni che traggono profitto dalle opere di bonifica. Ma nel farlo deve osservare la legittimità dell’azione amministrativa, sia per l’imposizione che per il recupero del dovuto. L’amministrazione consortile non rispetta né l’una né l’altra».

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