Grano “mandorlato”, minaccia sventata dagli agricoltori in Camera di commercio Salta la quotazione di un listino inesistente. Schiavone e Gatta: «Una mossa speculativa finalizzata solo a far abbassare i prezzi»
Alla Camera di Commercio l’assurda quotazione del grano “mandorlato” viene meno grazie alla determinazione degli agricoltori, ma questa forma di contrasto non può essere la sola a impedire che si continui ad agire nell’interesse delle industrie. Confagricoltura Foggia ha contestato in maniera vibrata, questa mattina, che la Borsa merci emettesse un prezzo di listino assolutamente inventato e che non risponde ad alcun riferimento merceologico.
«Il grano mandorlato non esiste tra le caratteristiche che determinano il prezzo del grano – sottolinea il presidente di Confagricoltura Foggia, Filippo Schiavone – questa dicitura l’hanno voluta alcuni pastifici e risponde a criteri soltanto speculativi. Voglio ricordare, esiste il grano “slavato” e “bianconato”, ma non il “mandorlato” il cui colore leggermente sbiadito a causa delle piogge è assolutamente ininfluente sulla qualità del prodotto, tant’è vero che stiamo parlando di grano con percentuale di proteine 14 e anche 15. Oltretutto – aggiunge Schiavone – il grano destinato alla macinazione viene decortitato: si comprende dunque benissimo come la dicitura “mandorlato” sia finalizzata solo alla gratuita riduzione del prezzo».
Ieri la Borsa merci della Camera di Commercio è così tornata finalmente a quotare il prezzo del grano (225-230 euro la tonnellata il prodotto fino), interrompendo la catena dei “non quotato” che aveva allarmato il mondo agricolo. Sull’argomento dura anche la presa di posizione di Nicola Gatta, presidente della Federazione nazionale dei cereali alimentari di Confagricoltura e vicepresidente di Confagricoltura Foggia: «Abbiamo l’obbligo di sostenere la redditività delle azione agricole. Il problema verte sui contratti di filiera, rispetto ai quali tutte le parti in causa devono crederci. Servono regole serie, chiare. C’è un contratto stipulato l’anno scorso, che ha durata triennale e non può essere disatteso o modificato unilateralmente da chi rappresenta gli industriali. I costi di produzione sono aumentati e c’è un disciplinare ben preciso riguardo alla coltura del grano, che va rispettato. Le produzioni sono scese di circa il 20 per cento rispetto all’anno scorso.
E dopo aver prodotto grano di ottima qualità per peso specifico e contenuto proteico, sentirsi dire che è “mandorlato” solo perché ha perso, in alcuni casi, parte della sua lucentezza, lascia amareggiate le nostre aziende, genera comprensibilmente stupore, disorientamento e rabbia tra gli agricoltori. Bisogna aprire un tavolo in cui in cui ci sia un apporto paritario da parte di tutte le componenti del settore e che favorisca un confronto più efficace, una migliore collaborazione per ciò che concerne la filiera. C’è bisogno, ribadisco, di regole chiare e trasparenti, ma anche di comportamenti seri. Se qualcuno fa il furbo, la filiera è destinata a morire».